Ripensare la montagna, cambiare lo sviluppo degli ultimi cinquant’anni. La necessaria sostenibilità nelle terre alte deve essere uno dei cardini della transizione ecologica. L’attrattività delle aree urbane e di fondo valle, e i cambiamenti climatici, hanno depauperato dal punto di vista ambientale, economico, culturale la gran parte delle valli alpine e appenniniche. Il dissesto idrogeologico è amplificato anche da questi abbandoni.
Ovviamente in queste zone ci sono eccezioni sia di crescita che di rigenerazione. Un’ampia riflessione della politica è assente, le principali istituzioni e le parti sociali proseguono nel voler mantenere l’attuale situazione sulla spinta del consenso immediato.
I desolanti superati condomini anni ’60, ’70 e ’80 sottoutilizzati, di frequente realizzati in località dove ormai gli impianti di risalita per lo sci sono stati dismessi per bassa altitudine, e che spesso hanno compromesso il paesaggio, non si contano. Medesimo destino per località, frazioni, borghi abbandonati, o vissuti solo come seconde case estive, per le difficoltà economiche delle attività agricole e artigianali.
Eppure la gran parte degli aiuti pubblici continua a perpetuare questo modello, grazie a stanziamenti a fondo perduto per impianti di risalita e di innevamento artificiale, un sistema anche di raccolta del consenso politico clientelare.
Questo avviene mentre ci saranno altre località dove la crescita delle temperature replicherà le dismissioni per riduzione delle precipitazioni nevose, sprecando quindi ulteriori risorse economiche che potrebbero essere usate per le trasformazioni. Inoltre non è neppure preso in considerazione che la pratica di questo sport è sempre più costosa, quindi si sta modificando l’utenza, c’è una riduzione della frequentazione dei soggiorni settimanali e un aumento della concentrazione dei pendolari giornalieri di sabato e domenica.
In Lombardia, e non solo, ci sono esperienze di valorizzazione dell’esistente e di recupero di località in crisi. Ci sono progetti anche transfrontalieri con gli altri paesi alpini da cui attingere memorie, identità culturali, e buone pratiche declinate alla quotidianità del ventunesimo secolo. Si va dalla differenziazione dell’offerta nell’accoglienza e nell’offerta turistica, al recupero dell’attività rurale, di trasformazione alimentare, di produzioni artigianali.
Il tutto basandosi su processi di sviluppo sostenibile anziché di crescita illimitata. Per cui si parte dallo studio delle caratteristiche dei luoghi, delle persone che ci vivono, delle reti attivate e attivabili, per ragionare di obiettivi raggiungibili e che possono essere monitorati.
Le esperienze da cui attingere sono molteplici. In Alta Val Gerola la valorizzazione del formaggio Storico Ribelle ha permesso di mantenere e far conoscere di più il paesaggio storico naturale, delle Valli del Bitto e Alta Val Brembana, a scavalco del Passo San Marco, incrementando anche il turismo escursionistico estivo aggiungendoci quello culturale rurale. In Val Poschiavo, valle italiofona del Canton Grigioni l’agricoltura e l’artigianalità, a partire da quella alimentare, sono state rilanciate con la realizzazione di un nuovo caseificio, l’estensione delle coltivazioni biologiche, la salvaguardia dei muretti a secco per mantenere le produzioni sui versanti scoscesi. Per questo è stato anche attivato un corso professionale per tramandare questo mestiere a rischio scomparsa, grazie a un progetto transfrontaliero con l’Italia.
Il Monte Tamaro, nel Ticino a un passo dalla frontiera elvetica della sponda varesotta del Lago Maggiore, si è trasformato da stazione sciistica invernale a meta turistica per appassionati di mountain bike, compresi i praticanti dell’estremo downhill, slittinovia su rotaia, e parco avventura.
In Valcamonica, in provincia di Brescia, da quindici anni c’è l’Università della Montagna, promossa da otto dipartimenti della Statale di Milano a partire da quello di Scienze Agrarie e Alimentari. Un’infrastruttura della conoscenza che sta sostenendo il neo sviluppo rurale contemporaneo, sia con la disseminazione di buone pratiche che con la ricerca, anche in collaborazione con le istituzioni locali, come il Parco dell’Adamello e la Comunità Montana, fino a quelle internazionali degli altri paesi alpini.
In Lombardia si è appena concluso il progetto di Fondazione Cariplo AttivAree per sostenere le aree interne, dedicato alle bresciane Valli Trompia e Val Sabbia, e all’Oltrepo Pavese. Un’esperienza di riattivazione di borghi e località abbandonati, o quasi, con il terzo settore, grazie a iniziative con approccio integrato tra ambiente, sociale, cultura, economia e ricerca.