La transizione ecologica è una necessità dovuta ai cambiamenti climatici. Una necessità quindi da cogliere, evitando gli errori del passato e del presente, che hanno relegato la ricerca di uno sviluppo sostenibile alla comunicazione, o alla banalizzazione della tutela del singolo albero. Questo anche per responsabilità di alcuni ambientalisti.
Nella transizione ecologica si tratta di inserire la sostenibilità all’inizio dei processi decisionali, che siano industriali o amministrativi. Non come quasi sempre avviene adesso alla fine, solo per rendere compatibile e vendibile il prodotto. Farlo in partenza magari può significare, in una prima fase, ritardare in fase di progettazione, ma arrivare alla fine in tempi certi e con prestazioni migliori, acquistando quindi anche competitività, oltre che lasciare una migliore eredità alle generazioni future.
Il pensiero politico ecologista si è evoluto dagli anni ’80 dall’antagonismo alla proposta, la Germania è stata, ed è tuttora, la culla primaria di questa evoluzione. La principale costante rimasta è il no all’energia elettrica prodotta dalla fissione nucleare, affiancata a quella prodotta dal carbone. Questo pensiero inizialmente soprattutto dei Grunen, i Verdi tedeschi, si è allargato a gran parte della società germanica, e di tanti paesi del centro e nord Europa. Il pragmatismo nelle amministrazioni locali prima, poi nelle regioni, quindi nel governo nazionale, sono stati il cardine perché la vivibilità urbana e l’avanzamento economico fossero targati in senso ecologista. Tra i protagonisti la stessa cancelliera Angela Merkel, che è stata Ministro dell’ambiente nei primi anni ’90, dopo l’unificazione per l’abbattimento del Muro di Berlino.
La necessità di un diverso equilibrio della presenza dell’uomo sulla Terra, a partire dai paesi industrializzati, ha radici ancora antecedenti, nel ’68 l’Onu ha creato la Conferenza sull’ambiente umano.
Nello stesso anno un gruppo di scienziati e imprenditori ha fondato il Club di Roma grazie alla collaborazione dell’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Europea. L’organizzazione non governativa ha sede a Winterthur in Svizzera e divenne famosa con la pubblicazione nel ’72 dei Limiti dello Sviluppo, primo rapporto sul deterioramento della situazione ambientale. Un documento poi aggiornato nel 2006.
Nel 1987 il rapporto Brundtland dell’Onu introdusse il concetto di sviluppo sostenibile, che riguarda l’armonizzazione ambientale con l’equilibrio economico e sociale.
Nel 1992 al Summit della Terra di Rio de Janeiro, organizzata dalle Nazioni Unite, nacquero la conferenza sui cambiamenti climatici, la convenzione sulla biodiversità e le Agende 21 per lo sviluppo sostenibile.
L’Italia, con il suo governo, gli enti locali, le aziende pubbliche locali e statali, e il sistema delle imprese si è messa in movimento, anche con buoni esempi. Però non siamo andati oltre. In alcuni casi, anzi, la comunicazione ha prevalso sulle realizzazioni. Le Agende 21 locali sono state troppo spesso occasione per fare comunicazione, così come i rapporti di sostenibilità delle imprese.
Eppure ci sono esempi pubblici e privati di livello internazionale. Per la raccolta differenziata dei rifiuti siamo tra i paesi più avanzati, così come sul riuso degli scarti di cucina e sfalci verdi, da cui si ottengono biogas e compost per l’agricoltura. Un esempio di economia circolare che però fa gran fatica a essere introdotto in tutta Italia, per resistenze politiche e industriali, mancano gli impianti di trattamento.
Anche la chimica verde, nata con le bioplastiche dal fallimento Montedison, è riuscita con difficoltà a trovarsi lo spazio che avrebbe dovuto avere, e che potenzialmente potrebbe ridare all’Italia un nuovo grande gruppo in questo settore.
Appena oltre i nostri confini a Nord è possibile verificare come la transizione ecologica possa migliorare la quotidianità urbana, rurale, aziendale e l’impatto delle infrastrutture dei pubblici servizi. E’ innanzitutto un’impostazione culturale, le intelligenze non mancano in Italia, per cui è normale pensare che la Terra sia unica, e ci sia stata data solo in prestito dalle prossime generazioni.