L’agricoltura urbana e la riorganizzazione della filiera alimentare sono al centro delle azioni della città di Quito durante la pandemia Covid 19. La capitale dell’Equador, due milioni e duecentomila abitanti a duemilaottocento metri di altezza sulle Ande, da alcuni anni ha intrapreso azioni per la sicurezza del sistema del cibo, a partire da quello fresco, indispensabile per la salute delle persone.
La prima riorganizzazione ha riguardato la necessità di ridurre gli assembramenti ai mercati, dove i contadini vendono direttamente i propri prodotti. E’ stato supportata la possibilità di realizzare consegne a domicilio, una pratica assai utile ai produttori di Quito, gli abitanti sono divisi tra il milione e seicentomila della zona urbanizzata e i seicentomila di quella rurale, fatta di piccoli agricoltori che vendono le loro eccedenze. Questo ha consentito di aiutare le famiglie più vulnerabili, grazie in alcuni casi anche al volontariato sociale.
Questo sistema si basa anche sulla diversità stessa dei contadini. Da quelli più piccoli, che hanno potuto recarsi durante il confinamento nelle zone a vendere i propri prodotti, anche singoli, a quelli più strutturati, che hanno organizzato vendite settimanali vicino alle case. Fino a quelli che hanno organizzato acquisti e consegne a domicilio.
Anche gli orti urbani sono stati utili sia alle famiglie dei coltivatori, spesso si trovano nei quartieri più popolari, per l’approvvigionamento di alimenti freschi, nonché per poter vendere le piccole eccedenze.
La pandemia ha quindi permesso di stabilire nuovi legami tra consumatori e produttori urbani e periurbani, grazie anche al commercio elettronico e alla diffusione della cultura dell’importanza del cibo fresco e locale.
Erano obiettivi previsti nella strategia cittadina per la sicurezza alimentare di Quito, che la diffusione del Covid 19 ha costretto ad anticipare nella realizzazione.
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